Lo tsunami ha dimostrato che il mondo è diviso in due. è questo il senso di un editoriale apparso sulla rivista scientifica "Nature". A segnare la divisione tra il Nord e il Sud del mondo è stata proprio la disponibilità di informazioni scientifiche e il modo con cui sono state usate. L’arrivo dello tsunami era prevedibile, ma chi lo ha visto in anticipo — molti ricercatori americani per esempio — sono andati a letto nella notte di Natale senza pensare alle conseguenze. Invece nei luoghi della tragedia nessuno ha saputo leggere le informazioni e il pericolo in arrivo. Eppure l’ITSU, una delle organizzazioni internazionali che monitorano il rischio a livello globale nel 1999 aveva elaborato un rapporto in cui si sosteneva che i paesi che si affacciano sull’Oceano Atlantico, Indiano, Pacifico e sul Mar dei Caraibi, sul Mediterraneo e sul Mar Nero erano a rischio e avrebbero dovuto avere un sistema di allerta rapido contro i maremoti. Solo i paesi ricchi lo hanno creato e neanche tutti. Per correre ai ripari, alcuni dei paesi che si affacciano sull’Oceano Indiano hanno deciso ora di creare un sistema di allerta. La decisione è stata presa durante la conferenza di Giacarta sugli aiuti destinati alla regione colpita. "Un sistema di allerta per gli tsunami nei paesi dell’Oceano Indiano è sicuramente importante per salvare vite umane, ma non può garantire la sicurezza totale", spiega il premio Nobel per la fisica Robert C. Richardson. Richardson ha anche promesso il suo impegno per un appello globale a mettere in piedi un sistema di allerta. "I geofisici e i geologi dovrebbero farsi avanti per aiutare questi paesi. Non si tratta di una responsabilità individuale di un paese, è una responsabilità collettiva e gli Stati Uniti hanno un ruolo importante da giocare". preso da: http://ulisse.sissa.it/s7_14gen05_6.jsp