Fra i grandi temi della fantascienza c’è sempre stato il confronto dell’uomo con il diverso, l’ artificiale, il meccanico, creato dall’uomo stesso per servirlo e aiutarlo: il robot. Dal mostro di Frankenstein ai replicanti di Blade Runner, l’uomo artificiale ha accompagnato il genere fantascientifico fin dagli albori. la figura del robot è una figura cresciuta nel tempo e che nella fantascienza contemporanea è più spesso presente come androide, qualcosa di molto più simile all’uomo. In ottanta anni di storia il robot si è sempre più umanizzato , fino ad ora, in un momento della nostra esistenza dove la fusione tra uomo e macchina appare essere sempre più vicina.
Ma comincio a raccontare dalle origini che addirittura risalgono ai miti religiosi degli antichi egizi. Infatti nell’antichità Anubi, la cupa divinità egizia dei morti, il dio dall’aspetto di sciacallo, aveva la mascella sinistra mobile, e i sacerdoti che la facevano muovere parlavano con questo sistema e trasmettevano così le volontà divine. Più vicine all’automa rappresentato inizialmente nella letteratura del fantastico, troviamo molta ispirazione nella mitologia greca dove, nella storia degli Argonauti si accenna al loro cane artificiale. Nel 1845, Edgard Allan Poe, sullo sfondo di una frode da lui scoperta riferita al giocatore di scacchi meccanico inventato dal barone von Kempellen, scrisse il racconto “The Thousand-and-second tale of Sheherazade”.
E veniamo ai primi del ‘900, quando Ambrose Bierce scrive “Moxon’s Master”, dove un automa prende il sopravvento sul suo creatore e lo uccide. Nel 1921 Karel Capek, autore e commediografo introduce per la prima volta la parola "Robot" nella letteratura. La parola androide deriva invece dal greco e significa "simile all’uomo".
Gli androidi che ci circondano nelle science fiction dell’ultima generazione sono talmente uguali a noi che, fin da Blade Runner, abbiamo cominciato a far fatica a distinguerli. Non siamo più davanti a computer con le ruote o con due rozze gambe di latta, ma abbiamo di fronte perfetti esseri cibernetici che, con appositi chip emozionali, sono in tutto e per tutto uguali a noi.
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