Un gruppo di scienziati americani ha addestrato una squadra di ratti telecomandati e sta compiendo esperimenti per usarli nel salvataggio delle vittime di disastri e attentati, nella ricerca di mine e per scopi militari
E’ notte fonda, alcune sagome scure scivolano furtivamente all’interno dei cunicoli sotterranei di una base militare nemica. Indossano piccoli, curiosi zainetti e la loro missione, molto pericolosa, consiste non solo nel tracciare la mappa della base, ma anche nell’individuare eventuali depositi di esplosivi. Perciò gli incursori, dotati di speciali microtelecamere e di un "fiuto" particolare, inviano immagini e informazioni a una centrale di controllo. Nell’arco di poche ore la missione è portata a termine con successo, senza lasciare segni del proprio passaggio. Da chi è composto questo scaltro commando? Forse da soldati ben addestrati e ben equipaggiati con armi ad alta tecnologia? Strano a dirsi, ma quelle sagome che strisciano nel buio dei cunicoli sono animali molto prolifici che l’uomo ha sempre combattuto: sono topi, lo sterminato esercito dei topi. E lo scenario appena descritto è solo una delle probabili applicazioni di una ricerca pubblicata di recente sulla rivista scientifica britannica Nature : l’atavico e intelligentissimo nemico dell’uomo potrebbe diventare uno dei suoi migliori alleati, grazie a questa ricerca finanziata dalla Darpa, l’Istituto di ricerca del Pentagono, dopo i tragici eventi dell’11 settembre.
Autore dello studio è Sanjiv K. Talwar, scienziato della State University di New York e convinto sostenitore dell’impiego dei topi telecomandati anche in altri ambiti non strettamente militari, come quello della protezione civile per trovare superstiti dopo frane e terremoti. I topi da laboratorio del professor Talwar sono guidati tramite un segnale che copre la distanza di circa 500 metri. Un apparecchio radio ricevente collocato sul dorso degli animali e dall’aspetto simile a uno zainetto riceve gli ordini di movimento impartiti da un computer, come "girare a destra", "a sinistra", "salire", "scendere", "saltare". Il tutto è possibile grazie a collegamenti elettronici – tre microelettrodi – delle dimensioni di un capello. Due di questi sono collegati alle zone del cervello che servono al topo per individuare, tramite i baffi, la presenza di un oggetto; il terzo, invece, è collegato alla zona del cervello che corrisponde al centro del piacere.
Così, impiegando gli stimoli elettronici, che facevano credere agli animali che qualcosa o qualcuno sfiorasse loro i baffi, i ricercatori hanno potuto addestrare i topi a girare a destra o a sinistra, a salire sugli alberi o a scalare montagne di detriti. E sempre tramite uno stimolo elettronico sul centro del piacere l’animale era ricompensato con una sensazione di ebbrezza se rispondeva correttamente agli ordini ricevuti; e, fatto più importante, il meccanismo di apprendimento funzionava solo tramite stimoli positivi: il topo era premiato se rispondeva bene agli ordini, ma non era punito quando sbagliava. Dopodiché gli animali hanno imparato a girare a destra e a sinistra senza la ricompensa. Dopo soltanto dieci lezioni, i cinque topi sottoposti all’addestramento erano già "abili e arruolati".
In futuro gli animali potranno essere muniti anche di sensori satellitari che ne indicheranno la posizione, e gli apparati che indosseranno potrebbero essere miniaturizzati e collocati sotto pelle.
Il topo-robot è il prodotto degli studi di Talwar e dei suoi collaboratori sull’interfaccia cervello-macchina, vale a dire sulla possibilità che il cervello ha di interagire con le macchine. Questa ricerca, per esempio, ha permesso a un topo di muovere un braccio robotico semplicemente "pensando" di farlo. Esperimenti simili sono stati eseguiti anche con le scimmie: reti a multielettrodi inserite nella corteccia motore di una scimmia hanno permesso di controllarne i movimenti naturali. Quando, per esempio, la scimmia muoveva una zampa, un braccio robotizzato ne imitava perfettamente il movimento. Si spera che un giorno una simile applicazione possa essere utile a disabili e motulesi, collegando il loro cervello a robot in grado di agire al posto loro. Impianti neurali hanno permesso a pazienti gravemente disabili di controllare un cursore del computer per inviare messaggi sonori al cervello di individui privi di udito.
E quattro anni fa il neurologo Philip Kennedy annunciò la messa a punto di un sistema di due elettrodi che, inseriti in una regione del cervello associata al movimento della mano, permettevano a Johnny Ray, un signore rimasto paralizzato e privo della parola dopo un ictus, di muovere il cursore del computer semplicemente pensando a quell’azione.
Secondo Ellen McGee, del Long Island Center for Ethics, gli studi finora eseguiti non sono di per sé inquietanti. Semmai potrebbero esserlo le eventuali ramificazioni e implicazioni, ciò che potrebbe accadere a causa di un impiego improprio di queste conoscenze. Talwar, però, assicura che i topi telecomandati non perdono il loro istinto e la loro intelligenza, né la loro aspettativa di vita. Certo, le missioni da affidare loro potrebbero essere davvero pericolose: i topi, oltre che come soccorritori in catastrofi naturali o nelle miniere, potrebbero essere impiegati come sminatori, perché il loro peso non può attivare il congegno delle mine anti-uomo. Tuttavia i topi-robot potrebbero essere anche trasformati in bombe viventi, una sorta di kamikaze dotati di congegni di distruzione a distanza. Difficile, d’altro lato, conoscere i reali scopi della ricerca.
Insomma, il topo-robot solleva una serie di problemi etici non solo sulla liceità di manipolare il cervello di un animale, ma anche perché si teme che simili metodi possano essere applicati anche all’uomo. Pensare a un esercito di Uomini Robot apre scenari assai inquietanti. Già negli anni Sessanta un ricercatore della Tulane University vagliò la possibilità di impiantare elettrodi nel cervello di un uomo allo scopo di controllarne la volontà; ma con scarsi risultati. Oggi invece Kate Rears, analista dell’Electronic Privacy Information Center di Washington, è poco rassicurante; anzi è convinto che gli attuali progressi tecnologici permetterebbero di controllare un uomo tramite elettrodi impiantati nel cervello. Anche in questo caso la realtà potrebbe superare la fantascienza.
Tanto che nel recente congresso di neurotica (l’etica applicata ai progressi compiuti nella neuroscienza) svoltosi a San Francisco, Leon Kass, l’esperto del comitato di bioetica americano, ha detto che il presidente Bush potrebbe presto prendere seriamente in considerazione la questione degli impianti cerebrali.
preso da Swif.UniBa.ita
Notizia interessante ed affascinante!
BRAVO! Bel blog!
Un saluto da
INNOVARI Retrofuturo