Ridurre drasticamente la dipendenza dalle fonti fossili pare ad oggi estremamente difficile, in quanto in tutto il mondo occidentale esse sono alla base della disponibilità di energia, anche nei paesi dotati di un vasto parco nucleare (la Francia ad esempio consuma complessivamente più petrolio dell’Italia). Va infatti ricordato che la produzione elettrica costituisce solo una frazione dei consumi totali di fonti fossili di un Paese.
Le fonti energetiche rinnovabili di tipo “classico” (energia idroelettrica e geotermica) sono state già quasi completamente sfruttate dove ritenuto conveniente e quindi sensibili miglioramenti in questo campo non sono immaginabili. Mentre per la combustione di biomassa non si prevede che possa in futuro fornire più che contributi comunque marginali.
Le fonti energetiche rinnovabili nuove, (in particolare eolico e solare), seppure con favorevoli ratei di crescita, sono ancora lontane dal fornire contributi percentualmente significativi; permangono inoltre alcune perplessità riguardo a problematiche quali il non sapere in anticipo quanta energia si potrà produrre con l’impianti a disposizione, nonché (per il fotovoltaico) riguardo costi ancora non competitivi. Altre fonti rinnovabili molto interessanti, come il solare termodinamico (più costante e tecnicamente meno complesso del fotovoltaico), lo sfruttamento delle onde marine o l’eolico d’alta quota, al momento sono in Italia ancora allo stato di prototipi oppure non trovano adeguata diffusione.
Nel 2008 il governo Berluscuni ha manifestato l’intento di ritornare alla produzione di energia da fonte nucleare con la definizione della “Strategia energetica nazionale”, ipotizzando la costruzione di dieci nuovi reattori, al fine di coprire fino al 25% del fabbisogno nazionale. Tuttavia a due anni di distanza non sono stati ancora individuati i siti che dovrebbero ospitare tali impianti, mentre diverse regioni hanno fatto ricorso o si sono dichiarate comunque contrarie ad ospitare gli impianti sul proprio territorio; considerando inoltre che esperienze simili in altri paesi europei hanno evidenziato che la costruzione di una centrale nucleare può durare anche 7-8 anni (con costi anche superiori a cinque miliardi di Euro), tale soluzione non appare raggiungibile in un futuro molto prossimo.
Non è d’altra parte ipotizzabile una grande diffusione delle centrali termoelettriche a carbone (politica che si scontrerebbe con gli obiettivi posti all’Italia dal protocollo di Kyōto); è quindi da ritenere che, per l’immediato futuro, si proseguirà e verrà ulteriormente incentivata e diversificata la politica di acquisto di energia elettrica dall’estero, associata ai conseguenti adeguamenti delle rete elettrica nazionale anche al fine di mitigare le problematiche poste dall’aleatorietà delle nuove fonti rinnovabili. In tale ambito è previsto il potenziamento dei collegamenti esistenti con l’estero (in particolare con la Francia e la Slovenia), ma soprattutto la costruzione di nuovi collegamenti sottomarini, in particolare con l’area balcanica e nordafricana, al fine di differenziare i mercati d’acquisto dell’energia e ridurre i costi.
Ulteriori benefici potrebbero giungere da eventuali politiche mirate all’incentivazione dell’efficienza energetica e del risparmio energetico
Tratto da wikipedia e da altri siti statistici
Andrea G. IIIA