CIRIO E’ il novembre del 2002 quando il crack finanziario della Cirio, forse la più nota azienda agroalimentare italiana, scuote il mondo della finanza e dell’impresa italiane. E soprattutto, lascia a mani vuote gli oltre 30 mila risparmiatori che – nel periodo che va dal 2000 al 2002 – hanno acquistato presso le banche delle promettenti obbligazioni che la Cirio non è più in grado di onorare. ago
Un fulmine a ciel sereno? Un esito finanziario imprevedibile per le banche che hanno promosso e collocato quei titoli?
Non lo credono quei risparmiatori che, a quasi un anno di distanza, e dopo che sulla vicenda sono state avviate delle indagini da parte della Consob e di alcune procure italiane, affidano le loro storie, la rabbia e le domande a Mi Manda Raitre.Piccoli e medi risparmiatori che raccontano di essersi rivolti alle proprie banche tutti con la stessa esigenza: un investimento sicuro per far fruttare i risparmi di una vita.
Una richiesta che i consulenti delle banche avrebbero dirottato verso il fiorente mercato obbligazionario, e in particolare verso quelle serie di bond emessi dalla Cirio che offrivano un tasso di interesse tra il 5% e l’8%.
Ma quali erano, all’epoca, i rischi connessi a tale investimento? E le banche – si chiedono i risparmiatori – erano a conoscenza di tali rischi?
Non sempre la colpa è solo delle banche, a volte i risparmiatori si fanno attrarre da interessi più elevati, anche se è stato loro prospettato il rischio a cui andavano incontro.
Ma, è anche vero che in qualche caso le banche pur a conoscenza della elevata rischiosità dell’investimento, possono avere, per interesse spinto il risparmiatore a quell’investimento