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Parlo io PARLO IO

Quanta strada nelle mie scarpe

Nike.jpg (11424 byte)

Come sono belle le Nike! Sono talmente belle che mi piacerebbe sapere dove, come e chi le fa.

***

Ora sappiamo che la Nike è una multinazionale statunitense e che le scarpe Nike sono prodotte in Asia, in particolare in Indonesia, Cina, Thailandia, Taiwan, Corea del Sud, Vietnam.

Il lavoro di un operaio Nike in Indonesia è duro e ripetitivo: deve stendere il mastice sulla suola delle scarpe in modo che sia pronta per essere attaccata. Il mastice è irritante per la pelle e per gli occhi.
L’operaio lavora 12 ore al giorno a 0,20 euro l’ora.
Con lo stipendio riesce a comprare riso, verdure, quasi mai un pollo. Quando si ammala non ha soldi per curarsi

Perché in Italia le scarpe costano 60 euro se chi le fabbrica guadagna così poco?

NB. i dati non sono aggiornatissimi, ma restano comunque utili per i nostri ragionamenti.

***

Ecco dove finiscono i soldi spesi per un paio di scarpe Nike

Operaio

indonesiano

0,98 euro

Fabbrica

2,7 euro

Materiali

7,39 euro

Negozio

rivenditore

27 euro

Trasporto

1,27 euro

Pubblicità

2,54 Euro

Tasse,

altre spese

16,08 euro

Proprietari del marchio

2,04 euro

Reddito giornaliero

Operaio indonesiano Presidente e proprietario Nike Testimonial Rivenditore

2,17 €

5.500 € 41.000 €

129,11 €

Abbiamo scoperto che le nostre scarpe sono un esempio di Globalizzazione, perché hanno viaggiato e ci hanno fatto viaggiare per tutto il mondo.
Abbiamo capito che acquistare qualcosa in Italia ha conseguenze in tutto il mondo.

Fonte: Emanuele Fucecchi. GLOB GLOB. E.M.I. Bologna, 2003

34 commenti su “nessun titolo”

  1. Salve prof, per quello che so la Nike sfrutta i bambini, molti dei suoi prodotti sono fabbricati in Pakistan o in Bangladesh o addirittura in Vietnam come quelle scarpe che hanno molti di noi.

  2. Lo slogan di Nike “JUST DO IT!” FALLO E BASTA è anche il rapporto di lavoro che vige nelle fabbriche Nike in Indonesia e negli altri paesi dell’estremo oriente.

    Nelle fabbriche Nike vigono le più dure condizioni di lavoro; Nike fa finta di niente dicendo che gli stabilimenti in questione non sono suoi, ma fabbriche alle quali subappalta i lavori. Ma ormai a questi giochi di scatole cinesi non crede più nessuno e le associazioni dei consumatori americane hanno portato in tribunale Nike per le menzogne che sta raccontando.

    “Eh si, siamo capitalisti… e se ci capita di guadagnare qualche spicciolo, beh non dobbiamo chiedere scusa a nessuno”.

    E’ questa l’isterica risposta di Nike alle campagne di boicottaggio, contro questa multi dello sportswear, che chiedono la fine della produzione in fabbriche senza diritti sindacali, ed anche della fine dello sfruttamento dei bambini come operai Nike.

    La Nike invece di togliersi qualche spicciolo di profitto pensa bene di spendere ultriori capitali in pubblicità per insultare chi, dal basso, ne critica l’organizzazione schiavistica del lavoro. Sicuramente tutte le multi si somigliano, ma Nike, come Shell, McDonald’s e Nestlé, è una delle più infami company del pianeta.

    http://www.tmcrew.org/csa/l38/multi/nike.htm

  3. Grifo ci ha detto che Nike è una “multi” e che nelle sue fabbriche ci sono condizioni di lavoro estremamente dure (ma dove sono queste fabbriche )
    Che significa “multi”?
    Aiutatemiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

    carla

  4. Credo che sia difficile far fallire la NIKE, soprattutto perchè le persone non sono tutte al corrente di questo sfruttamento e quelle che lo sanno non se ne preoccupano, poichè al giorno d’oggi seguono tutti, o quasi, la moda ed è difficile rifiutare di comprarle. NOI SIAMO CONTRO LO SFRUTTAMENTO MINORILE, ho sentito dire che, i bambini, vengono portati via dai genitori e dalle loro case per essere costretti a lavorare.

    Mastrogepp, Zattera e Davidream 3

  5. caro grifo90 quello che dici è verissimo….ma comunque tu le indossi come tutti gli altri!
    Se credi a quello che dici e vuoi sostenere questa tesi dovresti boicottare tu per primo il vestiario o le scarpe Nike e dare il buon esempio anche ai tuoi amici…non credi??! mirtillona,governatore,pantera

  6. Secondo la nostra opinione, invece di spendere tutti i capitali derivati dalla produzione di articoli sportivi di ogni genere in pubblicità e fini personali, questi soldi potrebbero essere utilizzati per l’agevolazione dei piccoli lavoratori che otterrebbero servizi più sicuri, un orario di lavoro adeguato e soprattutto un’infanzia migliore. Viky, Sivu, Ago & Zvanel.

  7. Secondo noi la Nike sfrutta i bambini ma molta gente non ci crede perchè pensano che un bambino non sia in grado di fare delle scarpe.Nelle fabbriche ci sono durissime condizioni di lavoro e molta gente non se ne rende conto. da Stefano Jacopo

  8. Per noi la multinazionale è una società che ha filiali in tutto il mondo cioè è un mercato mondiale; e come ha detto grifo90 la nike è una multinazionale che ha stabilimenti soprattutto in Asia e per fabbricare le scarpe e gli indumenti sfrutta il lavoro dei bambini in condizioni lavorative di estrema durezza. Shamanking, Carota, Polly90

  9. anche secondo noi la nike si comporta in modo disumano, ma il problema rimane sempre il fatto che la gente continua a comprarle e qualcuno non crede che sia vero che la nike sfrutta i bambini.la cosa peggiore è che anche chi lo sa continua a comprarle!Genna90 Manzogirl e Elena90

  10. Sono d’accordo sul fatto che noi per primi dovremmo boicottare la Nike , non indossando i suoi prodotti e non siamo coerenti in ciò.
    Le fabbriche Nike in Asia si trovano in Indiocina , Vietman, Tailandia e in Cina , nella provincia di Fuijan . In america in Mexico , El Salvador e nello Stato dell’Oregon. Il movimento di opinione che si è formato contro l’immagine Nike ha comunque , a me sembra che le due cose siano legate, ha fatto cambiare a partire dal 1997,almeno in parte l’atteggiamento della multinazionale . Infatti La Nike ha promosso in Thailandia e in Vietman una specie ,credo si chiami di Banca etica , comunque un modo per stimolare la piccola economia locale con il prestito no profit alle microimprese che sono sovrattutto donne lavoratrici, assieme al PDA( population and community developement association) che è un organizzazione no profit .
    In Cina proprio nel gennaio 2004 è iniziato un progetto analogo in associazione con la CFPA ( China foundation for poverty allevator)
    Questi dati sono stati resi ufficiali dalla Nike ( li potete trovare nel suo sito). Io spero che tutto ciò sia reale soprattutto per la collaborazione con queste organizzazioni no profit

  11. Dove si trovavano le fabbriche è accennato nel mio commento e specificato in quello di yata21.
    Per quanto riguarda il significato di “multi” quella che segue ne è la definizione.
    “Multi” o “Multinazionali”: Società indusrtiali o finanziarie di colossali dimensioni per fatturato, numero di addetti e mezzi finanziari, che esercitano la loro attività anche al di fuori del paese in cui hanno la sede sociale, spesso in diversi rami della produzione e in tutti in Continenti.
    Le multinazionali più importanti sono quelle statunitensi che hanno aperto stabilimenti e uffici in tutti i paesi del mondo, in modo diretto o con partecipazioni sociali, così da creare una fitta rete di scambi e da perdere la vera e propria identità nazionale.

  12. Ringrazio tutti per la partecipazione e per aver espresso con vigore e convinzione il vostro punto di vista.
    Un grazie particolare a Yata e Grifo, che ci hanno permesso di sapere qualcosa in più delle Multinazionali e della Nike.
    Più tardi inauguro una nuova rubrica (colonna di sinistra): “Glossario di termini economici”.

    carla

  13. Come altri prima di me hanno detto,la Nike sfrutta tantissimi bambini che lavorano tantissimo per produrre le scarpe ottenendo come ricompensa delle loro fatiche praticamente niente.
    Oltre alla Nike ci sono tantissime altre società che fanno uso del lavoro minorile,come le ditta che fabbricano i palloni da calcio.
    Non penso che questo tipo di sfruttamento sia una cosa giusta,ma per persone dei paesi che muoiono di fame sopporterebbero questo ed altro per riuscire a mangiare
    carol90

  14. Domanda molto interessante alla quale bisognerebbe essere un top menager per rispondere adeguatamente. La mia risposta è semplice inizia e finisce con questa domanda: vi siete mai chiesti perché i prodotti più pubblicizzati costano più degli altri?

  15. PER ME IL FATTO CHE LE SCARPE VENGANO FATTE DAI BAMBINI è UN PROBLEMA MOLTO GRAVE,CHI SFRUTTA I BAMBINI è SOLO UN IMBECILLE E DOVREBBE ESSERE BUTTATO IN GATTA BUIA

    CICCIOLINA

  16. secondo me i proprietari della nike dovrebbero provare a lavorare come quella povera gente e guadagnare cosi pochi soldi e poi vedremo se la nike continurò a esistere perchè i dirigenti non resisterebbero unm minuto.
    mauro

  17. Non so se ho fatto bene i calcoli,ma un indonesiano per comprarsi un paio di scarpe nike da 60 euro,dovrebbe lavorare circa 27,64 giorni,un presidente e proprietario della nike 10,90 giorni,un testimonia 1,46 giorni e un rivenditore guadagna di più in un giorno di quanto costino un paio di nike.
    Nelle fabbriche della nike avvengono le più dure condizioni di lavoro;piccoli bambini vengono sfruttati per le loro piccole manine e poi vengono anche mal pagati.Ma loro non si lamentano perchè per i pochi soldi che guadagnano farebbero di tutto,per poter portare a casa qualche soldo e per poter mangiare un pochino.Questo sfruttamento diciamo tutti che deve finire,ma come fa a cessare se siamo proprio noi stessi a farlo continuare???finchè continueremo a comprare scarpe della nike questi bambini continueranno a essere sfruttai,per questo credo che a questo enorme problema non ci sia soluzine,dato che chiunque vada a comperare un paio di scarpe non pensa come e da chi vengono fatte.
    Voi avete qualche soluzione????
    Rispondetemi al più presto.
    Gloria

  18. Vorrei fare un riferimento al commento di Mauro. Lui ha detto che i propietari della nike dovrebbero provare a lavorare come quei bambini…non sono d’accordo, i propietari lo sanno benissimo come lavorano quei bambini. La miglior cosa (anche se impossibile perchè non lo faranno mai!!) sarebbe aumentare i salari da 0.60 a un minimo di 10.0$!Sò benissimo che sarebbe comunque poco e qualcuno di voi criticherà il mio commento, ma almeno per loro sarebbe una vita un pò migliore. Perchè chiedere un salario di 1300.0$(come un lavoratore normale) a bambino sarebbe una cosa irrealizzabile!!! Grazie per aver letto il mio commento ARCUS

  19. Un operaio indonesiano per acquistare un paio di scarpe Nike deve lavorare 25 giorni.
    Per Pulce, che mi ha aiutato a fare i calcoli:

    carla

  20. A che cosa serve spendere un paio di migliaia di milioni di dollari all’anno in pubblicità come fa nike,se poi si è sottoposti a un bombardamento continuo di accuse per le “spaventose condizioni” in cui i lavoratori nelle fabbriche asiatiche sono costretti a produrre le magliette e le scarpe di un’azienda che,prima di abbigliamento e sneakers,pretende di vendere sogni ed emozioni,con testimonial del calibro di Michael Jordan,di Ronaldo o Tiger Woods?
    Nike alzerà da 14 a 18 anni l’età minima dei lavoratori nelle fabbriche di calzature e porterà a 16 l’età minima di tutti gli altri lavoratori impagnati nella produzzione di abbigliamento,accessori e attrezzature.Phil Knight(fondatore,primo azionista e amministratore delegato del gruppo americano)ha detto”Siamo impegnati a migliorare le condizioni di lavoro delle 500mila persone che fabbricano i nostri prodotti”.
    Come?Tra le altre iniziative promesse dal gruppo che sponsorizza anche la nazionale di calcio azzurra,c’è l’impegno ad adeguare la qualità dell’aria in tutte le sue fabbriche di calzature ai livelli richiesti dall’ente per la sicurezza e la salute.totta90

  21. Alcuni anni fa ho sentito parlare di condizioni di lavoro estremamente negative e sfruttamento di manodopera minorile in Turchia ad opera della Beneton . Qualcuno è più informato? Esiste ancora il problema ?
    Grazie yata 21

  22. Salve!!!
    Anche secondo noi, non è giusto che i poveri bambini (e anche gli adulti) lavorino così tanto e guadagnino così poco..!è una cosa vergognosa..anche se noi ne portiamo alcune paia perchè ci piacciono..!!
    Chiara,Cecile,francesca

  23. è un indecenza far lavorare i bambini e gli adulti per così pochi soldi ,nelle fabbriche c’è un atmosfera durissima e loro lavorano moltissime ore

  24. SAN FRANCISCO – Per il movimento no-global è una strana vittoria, dover celebrare l’apertura di una fabbrica dell’odiatissima Nike nel Terzo mondo. Eppure di vittoria si tratta. La celebre multinazionale americana sta per tornare a produrre scarpe e abiti sportivi in Cambogia, dopo esserne fuggita per le accuse di sfruttamento del lavoro minorile. Ma se ora può tornarci è perché la battaglia dei no-global, delle associazioni di consumatori e dei sindacati americani ha avuto successo. La Cambogia, infatti, apre le sue fabbriche ai controlli internazionali sui diritti dei lavoratori, e si impegna a debellare la piaga sociale dei bambini-operai costretti a produrre per i paesi ricchi.

    Due anni fa l’immagine della Nike subì un duro colpo proprio a causa della Cambogia: tempestata dalle accuse di sfruttare manodopera infantile, minacciata dal boicottaggio dei consumatori “politically correct”, l’azienda americana si difese garantendo che i suoi fornitori cambogiani impiegavano solo ragazze sopra i 16 anni, ma fu messa alla gogna dall’inchiesta-verità di una tv americana che riuscì a filmare fabbriche dove lavoravano eserciti di bambine.

    Per il “logo” della Nike – il più grosso sponsor di avvenimenti sportivi nel mondo – la macchia era indelebile. La multinazionale Usa per limitare i danni decise di cancellare tutti i contratti con i suoi fornitori cambogiani. Fu una prima vittoria per il composito “popolo di Seattle”: l’alleanza fra gruppi terzomondisti, difensori dei diritti umani e sindacati, che nel dicembre 1999 avevano paralizzato il vertice del Wto a Seattle anche per protestare contro il dumping sociale, la delocalizzazione delle produzioni industriali verso paesi con bassi salari e nessuna legislazione del lavoro.

    La ritirata della Nike però fu anche una sciagura per la Cambogia. L’industria del tessile abbigliamento frutta a Phnom Penh un miliardo di dollari di ricavi, pesa per più dell’80 per cento delle esportazioni cambogiane e dà lavoro a 180.000 operai, per lo più donne e ragazze emigrate dalla miseria delle campagne che rimandano a casa i loro salari per mantenere le famiglie. Il boicottaggio militante del popolo no-global rischiava di provocare più danni che benefici: senza multinazionali americane il paese si impoverisce e lo sfruttamento minorile continua lo stesso.
    Alla fine sono stati i sindacati Usa a trovare una via d’uscita. La potente confederazione Afl-Cio ha insediato a Phnom Penh un rappresentante permanente, Jason Judd, per premere sul governo e sugli industriali cambogiani; al tempo stesso, i vertici del sindacato facevano lobbying a Washington per l’invio di ispettori internazionali. “Abbiamo capito che l’unica cosa da fare era di migliorare il rispetto dei diritti umani, delle tutele e delle condizioni di lavoro, in modo che le grandi aziende americane come Nike e Gap si sentissero sicure nell’affidare commesse ai nostri stabilimenti” ha dichiarato al Financial Times Van Sou Ieng, presidente della Federtessile cambogiana. Il governo di Phnom Penh ha dovuto cedere: ha aperto per la prima volta le sue frontiere all’International Labour Organisation (Ilo) di Ginevra, che ha sguinzagliato i suoi esperti in giro per il paese.
    Il primo rapporto dell’Ilo – risultato di ispezioni severe in 70 fabbriche – traccia un quadro drammatico: lavoratori pagati sistematicamente sotto il minimo legale, orari massacranti per il ricorso costante a straordinari senza limiti. Ma adesso per lo meno è iniziata un’operazione-trasparenza, che ha pochi eguali negli altri paesi del Terzo mondo. Entro poche settimane un nuovo rapporto degli ispettori Ilo farà nomi e cognomi degli industriali-schiavisti, con un elenco preciso delle fabbriche che non rispettano gli standard minimi di sicurezza e i diritti dei lavoratori.

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