Le Nazioni Unite e alcune organizzazioni non governative, come l’Opam (Opera di promozione dell’Alfabetizzazione nel mondo) o la Swap, un’associazione no profit per lo sviluppo e il progresso delle donne – regolarmente registrata presso il governo Liberiano – compiono da sempre sforzi significativi per ridurre il tasso di analfabetismo nei Paesi in via di sviluppo Oggi, tuttavia, sono ancora circa un miliardo gli adulti analfabeti nel mondo. Fra gli ottantotto milioni di bambini che non frequentano la scuola e che non sanno leggere, due terzi sono bambine1. Il divario fra coloro che hanno accesso all’istruzione, incluso l’accesso ad Internet, e coloro che invece non godono di questo privilegio sta aumentando consistentemente. Di qui l’urgente ed irrinunciabile necessità di un impegno maggiore a favore dell’alfabetizzazione.
1 Nazioni Unite, Messaggio del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, in occasione della Giornata Internazionale dell’Alfabetizzazione 8 settembre 2001, reperibile sul sito www.onuitalia.it, p.1.
Strategie e obiettivi fissati dall’Unesco
L’Unesco – l’agenzia Onu per l’educazione, la scienza e la cultura – è impegnata in prima linea per ridurre il tasso di analfabetismo nel terzo mondo. Il suo programma per l’anno 2002-2003 verterà essenzialmente sulla realizzazione efficace e vigorosa degli obiettivi enunciati durante il Forum mondiale sull’educazione, svoltosi a Dakar nell’aprile 20002, e successivamente ribaditi nel settembre 2000 con la Dichiarazione del Millennio enunciata dai leader di tutto il mondo3. A tal fine l’Unesco ha definito l’istruzione di base per tutti una priorità assoluta. Un fattore molto importante riguarda l’impegno assunto dall’agenzia delle Nazioni Unite ad elaborare strategie puntuali per accrescere l’efficacia dell’educazione quale mezzo atto a favorire l’autonomia degli strati più poveri della popolazione mondiale. In questo contesto, le finalità enunciate dall’Unesco comportano la difesa e la promozione del diritto all’educazione e la formulazione di progetti relativi all’alfabetizzazione a favore delle classi più deboli, avvalendosi della collaborazione di rappresentanti della società civile e di partner internazionali.
2 Unesco, Programme e budget approuvés 2002-2003, Paris, 2002, p.13.
3 United Nations, Basic Facts, New York, 2000, p.173.
Quanto all’eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo educativo, l’Unesco considera la scolarizzazione delle ragazze quale parte integrante dell’azione intrapresa per lottare contro la povertà ed assicurare lo sviluppo sociale. Tale azione è peraltro un elemento essenziale delle attività discusse in occasione del Forum di Dakar, volte ad eliminare da qui al 2005 le disparità fra i sessi nell’insegnamento primario e secondario, fino ad instaurare la piena uguaglianza in questo campo4.
4 Unesco, Programme, p.26.
Un altro obiettivo tracciato nel programma dell’Unesco affronta la questione spinosa della riduzione del gap tecnologico, in altre parole della possibilità di riscatto per il terzo mondo attraverso l’uso delle nuove tecnologie5. Attualmente, però, i dati sull’accesso alla Rete appaiono sconfortanti. La frattura numerica tra i Paesi tecnologicamente avanzati e non si sta espandendo. Secondo il Bureau International du Travail, l’Africa e il Medioriente raggruppano insieme appena l’1% degli utenti Internet, mentre gli Stati Uniti e il Canada da soli contano circa il 57%6. Nel luglio 2001 l’Ecosoc (Economic and Social Council) delle Nazioni Unite ha promosso una conferenza mondiale sull’accelerazione dello sviluppo economico attraverso la Rete, le cui conclusioni hanno dimostrato che ci sono più connessioni a New York che in tutto il continente africano. Inoltre più del 90% degli accessi ad Internet si trova nei Paesi sviluppati e la metà della popolazione mondiale non possiede il telefono7.
5 United Nations, Basic Facts, p.193.
6 Dai fossati tecnologici alla dot force, reperibile sul sito www.globalforum.it, p.1.
7 Dai fossati tecnologici, p.2.
Altro problema rilevante – al di là delle infrastrutture tecnologiche – attiene all’acquisizione di un’adeguata competenza per utilizzarle. Stando ad un recente rapporto dell’Ocse (Organizzazione di Cooperazione e di Sviluppo Economico), realizzato tra un campione eterogeneo di 3 000 persone di età compresa fra i 16 e i 65 anni, un quarto dei venti Paesi industrializzati che vi aderiscono non possiede le competenze necessarie per navigare in maniera consapevole8.
8 Dai fossati tecnologici, ibidem.
Allo scopo di rendere l’alfabetizzazione informatica e gli strumenti tecnologici patrimonio universale, l’Unesco si è posto l’obiettivo dell’elaborazione di politiche e strategie volte ad incoraggiare la produzione, la salvaguardia e la circolazione di contenuti educativi scientifici e culturali destinati ad essere diffusi attraverso la Rete. L’agenzia Onu intende promuovere la diversità linguistica e culturale nel cyberspazio attraverso il lancio d’iniziative, come il programma B@bel, che mira allo sviluppo del multilinguismo su Internet 9.
9 Unesco, Stratégie à moyen terme 2002-2007, Paris, 2002, p.51.
L’alfabetizzazione e le donne
All’inizio del terzo millennio, le donne (circa 2,87 miliardi in tutto il mondo)10 vivono in situazioni molto differenziate, sul piano culturale, sociale ed economico, e molte di esse lottano per la conquista dei propri diritti. Per le donne che vivono nelle zone rurali l’alfabetizzazione rappresenta un vantaggio che si ricollega direttamente alla loro vita di tutti i giorni. L’istruzione permette loro di comprendere le prescrizioni mediche, leggere le etichette dei farmaci, diventare autonome e sconfiggere lo sfruttamento economico. Più in generale, attraverso l’alfabetizzazione le donne sono in grado di migliorare le condizioni di vita della propria famiglia (salute, alimentazione), assicurare il benessere dei propri figli, utilizzare le nuove tecnologie. Diversi studi hanno dimostrato, inoltre, che le madri alfabetizzate hanno maggiori probabilità di infrangere quelle pratiche tradizionali, consistenti nell’impiego di cure basate su rimedi naturali di incerta efficacia, spesso nocive per la salute 11. Invero esse hanno sicuramente un atteggiamento meno fatalista nei confronti delle malattie. Più aperte alle moderne cure mediche, esse favoriscono la loro sopravvivenza e quella dei componenti della propria famiglia 12.
10 Opam, n.5(2002), Anno XXX, p.9.
11 Krystyna Chlebowska, Les femmes rurales face à l’analphabétisme, Parigi, Unesco, 1990, p.55.
12 United Nations, Basic Facts, p.172.
Esiste al tempo stesso una correlazione fra l’istruzione e il tasso di mortalità infantile. In Pakistan e in Indonesia, ad esempio, è stato constatato che il tasso di mortalità infantile diminuiva addirittura del 50% nel caso di madri che avevano frequentato la scuola elementare13. Le madri alfabetizzate, inoltre, di solito mettono al mondo meno figli rispetto a quelle che non hanno ricevuto un’istruzione.
13 Chlebowska, Les femmes, p.56.
Un aspetto direttamente connesso all’alfabetizzazione delle donne è quello della scolarizzazione. Soprattutto nelle zone rurali dove le possibilità di trasporto sono limitate, i genitori spesso esitano a mandare le proprie figlie in scuole che distano dai villaggi in cui vivono. Per di più quando esistono, i mezzi di trasporto raramente sono gratuiti 14. Le famiglie troppo povere sono costrette a rinunciare alla scolarizzazione dei propri figli o a dover compiere una scelta. Scelta che nella maggior parte dei casi andrà a discapito delle figlie femmine. Per quanto riguarda gli abbandoni scolastici – così frequenti fra le ragazze – il matrimonio e le maternità precoci figurano fra le cause principali alla base dell’interruzione degli studi.
14 Chlebowska, Les femmes, p.71.
Ma le ragioni profonde dell’esclusione delle figlie femmine dall’universo scolastico sono da rinvenire soprattutto nello stato della donna rurale – generalmente povera – oltre che nel suo ruolo fortemente sottovalutato in seno alla famiglia, come all’interno della comunità e della società. Per i genitori, infatti, la scolarizzazione delle ragazze non ha lo stesso peso di quella dei ragazzi, destinati un giorno ad assumere il ruolo di capifamiglia. Mandare una ragazza a scuola raramente è considerato una necessità, laddove le famiglie – ma soprattutto le madri – ritengono le faccende domestiche una priorità. Per aiutare la madre oberata di lavoro, la figlia femmina solitamente resta a casa, dove prepara da mangiare, si prende cura dei fratelli e delle sorelle minori, mentre la madre lavora nei campi.
In alcuni Paesi, poi, molte bambine non vanno a scuola magari solo perché non esistono servizi igienici separati tra maschi e femmine; temendo situazioni promiscue, i genitori preferiscono tenere a casa le bambine. Oppure, perché la distanza da casa a scuola è ritenuta eccessiva per la loro sicurezza. O ancora perché non ci sono abbastanza insegnanti donne 15.
15 Comitato italiano per l’Unicef-Onlus, Dalla parte dei bambni, n.1(2002), Anno IX, p.11.
Dunque, non è sufficiente parlare di istruzione delle ragazze se non si conoscono e comprendono a fondo i contesti sociali e le tradizioni di ogni singolo Paese. Per questo il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia – l’Unicef – promuove programmi speciali che tengono presente le diverse realtà, oltre ai contenuti educativi.
Il cammino da percorrere per favorire la crescita del tasso di alfabetizzazione e scolarizzazione delle donne nei Paesi in via di sviluppo appare ancora in salita, anche se non mancano segnali positivi. Così, malgrado persistano ancora oggi le disuguaglianze economiche, le discriminazioni di casta e le antiche usanze tribali, in alcuni Stati indiani si intravede un lieve miglioramento strutturale. Fa ben sperare anche l’infaticabile lavoro portato avanti da alcune organizzazioni non governative, come l’Ado, che dal 1990 si occupa dello sviluppo delle donne del Bangladesh. Qui l’analfabetismo è pressoché totale: solo il 21% sa leggere e scrivere, e di questo 21% solo il 30% sono donne16.
16 Opam, n.5(2002), Anno XXX, pagg.10-11.
L’infanzia e il diritto allo studio negato
Nel 1999 Carol Bellamy, il direttore generale dell’Unicef, sostenne che “oltre 130 milioni di bambini in età di scuola elementare crescono nei Paesi in via di sviluppo senza poter disporre dell’istruzione di base e altri 20 milioni di bambini non riescono a completare neppure quattro anni di scuola: il minimo, secondo gli standard internazionali, per poter considerare un ragazzo alfabetizzato”17. La questione della scolarizzazione dei bambini ha due aspetti fondamentali: quello quantitativo che riguarda la necessità di un maggior numero di scuole e insegnanti, e quello qualitativo che attiene al tipo d’insegnamento impartito. Buona parte degli abbandoni scolastici, infatti, sono dovuti alla cattiva qualità delle scuole: troppo affollate, prive di mezzi, ma soprattutto estranee alle realtà locali e ai problemi quotidiani delle popolazioni più povere. L’impiego delle lingue ex coloniali – invece delle lingue locali – nei primi anni di scuola, rappresenta un concreto ostacolo alla diffusione dell’istruzione, e sovente i programmi educativi stentano ad adattarsi ai cambiamenti economici, politici, sociali e culturali che si verificano nei Paesi in via di sviluppo18.
17 Dipco (Settimanale ufficiale della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo), n.3 (1999), reperibile sul sito www.esteri.it, p.1.
18 United Nations, We the peoples – The role of the United Nations in the twenty-first century – (The Millennium Report), New York, 2000, p.113.
Il fenomeno dell’evasione scolastica dei minori è peraltro un problema strettamente connesso alle guerre e malattie che colpiscono i Paesi in via di sviluppo. A questo proposito non lascia dubbi il rapporto diffuso dall’Unicef, dal titolo “Lo stato dei bambini nel 2000”: sono proprio i minori le principali vittime dei conflitti e delle epidemie. Stando a questo rapporto negli anni novanta la guerra ha ucciso più di due milioni di bambini, mentre sei milioni sono rimasti gravemente feriti19.
19 Unicef: lo sforzo per l’infanzia annullato da guerre e malattie, reperibile sul sito www.cnnitalia.it p.1.
C’è poi il flagello dell’Aids che attacca senza pietà il mondo dell’infanzia, e i cui effetti nel continente africano si sono rivelati devastanti. Solo nel 2000, ad esempio, oltre un milione di bambini ugandesi e 700 000 bambini etiopi sono rimasti orfani per colpa di questa terribile malattia20. Il virus dell’Hiv minaccia di compromettere anni e anni d’investimenti nel settore educativo e dello sviluppo sociale, in particolare nell’Africa subsahariana, in America Latina e nei Caraibi. L’Aids colpisce soprattutto le persone povere e non istruite. E’ per questo che le Nazioni Unite si sono poste l’obiettivo di ridurre – entro il 2005 – il tasso d’infezione nei giovani fra i 14 e i 24 anni residenti nei Paesi più colpiti del 25%. Entro il 2010 l’Onu conta invece di ridurre il medesimo tasso in tutto il mondo del 25%21. Per contrastare efficacemente questa piaga, l’Unesco si è impegnato, dal canto suo, ad intervenire nel campo dell’educazione preventiva, mettendo a frutto la propria esperienza interdisciplinare, le sue conoscenze scientifiche, la sensibilità ai differenti contesti sociali e culturali e lo sviluppo delle capacità in materia di comunicazione. Così facendo, l’Unesco agirà peraltro in conformità alla Dichiarazione sui Diritti del Bambino (1989), che riconosce la particolare vulnerabilità dei minori e raggruppa in un unico trattato tutte le misure volte a tutelare e difendere i diritti dell’infanzia. 22
20 Unicef: lo sforzo per l’infanzia, pagg.1-2.
21 Unesco, Stratégie, p.25.
22 United Nations, Basic Facts, p.221.
L’alfabetizzazione dei minori nei Paesi in via di sviluppo, tuttavia, potrà progredire solo lottando contro l’estrema povertà del Sud del mondo 23. I dati raccolti nel 2000 dall’Unicef illustrarono in tutta la sua drammaticità la realtà di 600 milioni di bambini nel mondo costretti a vivere sotto la soglia di povertà. Il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia rilevò che, nonostante la crescita complessiva dell’economia mondiale, un miliardo e 200 milioni di persone continuavano a vivere con meno di un dollaro al giorno24.
23 United Nations, We the peoples, p.111.
24 Unicef: lo sforzo per l’infanzia, pag. 2.
I disastri e le calamità naturali, abbattutisi recentemente su numerosi Paesi in via di sviluppo – soprattutto asiatici – hanno portato al taglio delle spese sociali e costretto molti bambini a lasciare la scuola. Lo scorso marzo, ad esempio, un violento terremoto si abbatté sulla vecchia città di Nahrin, nell’Afganistan settentrionale, provocando la distruzione di decine di villaggi nel circondario. Il sisma – evento purtroppo frequente in questa regione dell’Asia – colpì un’area resa già vulnerabile dalla prolungata siccità, dove l’80% delle famiglie sopravvive solo mediante gli aiuti umanitari25. In questa circostanza l’Unicef si mobilitò immediatamente, predisponendo per l’inizio dell’anno scolastico grandi tende-scuola da 50 posti ciascuna e munite di servizi igienici autonomi26. 25 Comitato italiano per l’Unicef-Onlus, Dalla parte dei bambini, p.7.
26 Comitato italiano per l’Unicef-Onlus, Dalla parte dei bambini, ibidem. C’è infine il grave problema dello sfruttamento sessuale dei bambini e degli adolescenti che spesso finiscono per essere del tutto allontanati dalle loro famiglie d’origine. Va da sé che molti di questi ragazzi non avranno mai la possibilità di compiere un normale percorso di studi e saranno pertanto destinati a restare analfabeti. Il coordinatore dei programmi dell’Unicef in Benin, Jean Dricot, afferma che “tradizionalmente le famiglie sistemano i loro figli e figlie presso parenti più fortunati con l’idea di offrire loro migliori condizioni di vita. Essi ignorano, però, che questo sistema alimenta un traffico di bambini e bambine all’interno del quale essi vengono sfruttati e subiscono maltrattamenti, quali frequenti rimproveri, percosse e stupri27.
27 I bambini delle rose, reperibile sul sito www.tmccrew.org, p.3
Da questo stato di cose si evince chiaramente come la scuola risulti un lusso per i minori del Terzo mondo. Dove esistono esperimenti di attuazione di progetti di scolarizzazione (“Educom” come si definiscono quelli resi operativi nello stesso Benin dall’Unicef), le maestre sono scelte fra le poche donne che sanno leggere e scrivere e che hanno uno stipendio minimo pagato dalla stessa comunità. Per assicurare un’istruzione di qualità si cerca la collaborazione delle autorità locali al fine di potenziare le strutture finalizzate alla formazione degli educatori28. Nel progetto ha gran parte la sensibilizzazione dei genitori: l’esperienza precedente ha dimostrato, infatti, che il coinvolgimento di tutta la comunità, costituisce l’elemento essenziale per la sua riuscita29.
28 Unicef, Girls’ Education in Benin, reperibile sul sito www.unicef.org, p.1.
29 I bambini delle rose, p.4.
Nel 1996, di fronte alla gravità del fenomeno dello sfruttamento sessuale infantile e alla sua vertiginosa espansione tramite mezzi tecnologici, quali Internet, la comunità internazionale si riunì a Stoccolma con la volontà d’intervenire per porvi rimedio30. Cinque anni dopo, esattamente dal 17 al 20 dicembre scorso, si svolse a Yokohama il secondo “Congresso internazionale contro lo sfruttamento sessuale dei minori a fini commerciali”, nel quale furono affrontati temi come la pornografia infantile, i traffici di minori, il profilo di chi abusa, la reintegrazione delle vittime. Nei mesi precedenti il congresso, l’Unicef realizzò alcune consultazioni regionali, al fine di analizzare dati e verificare l’evoluzione della situazione rispetto al Congresso di Stoccolma. Ebbene, anche in questo frangente la delegazione Unicef sottolineò come l’istruzione fosse la chiave per eliminare gli abusi sessuali e qualsiasi tipo si sfruttamento dell’infanzia31.
30 Unione europea, Bollettino – Congresso mondiale sullo sfruttamento sessuale dei bambini a fini commerciali – , n.9 (1996), p.1.
31 Unicef, Concluso a Yokohama il secondo congresso mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei bambini, reperibile sul sito www.unicef.it , p.1.
Conclusioni
Oggi un’ampia ed uniforme diffusione dell’alfabetizzazione e della scolarizzazione nel Terzo mondo sembra ancora lontana. Fanno ben sperare, tuttavia, numerosi progetti pilota portati avanti da singoli governi, organizzazioni internazionali e organizzazioni non governative d’ispirazione laica e religiosa.
Per citare un esempio, la Comunità S.Egidio presente in Africa da oltre 20 anni allo scopo di fronteggiare la diffusione dell’Aids che sta decimando la popolazione e corrodendo il precario sistema economico, scolastico e sanitario, mise a punto nel 2001 un progetto di educazione sanitaria di base, da realizzare in Mozambico, dove anche la guerra ha contribuito a devastare le principali strutture del Paese. Il progetto si proponeva di formare a livello nazionale un gruppo di 18 educatori africani con il compito di trasmettere alle popolazioni locali le conoscenze acquisite, privilegiando fra i destinatari i giovani e le donne32.
32 Opam, n.1-2 (2002), Anno XXX, p.5.
Un’altra iniziativa degna di nota fu lanciata lo scorso anno dalla Caritas del Nicaragua. Alcuni volontari decisero di promuovere l’alfabetizzazione degli abitanti di Ocotal, una località molto povera della Nuova Segovia, a nord del Nicaragua. I residenti di questa zona, per ragioni politiche, militari ed economiche, oltre che a causa di fenomeni naturali – come l’uragano Mitch del 1998 – e la recente siccità, avevano subito perdite gravissime nell’agricoltura. L’analfabetismo ha contribuito a diffondere la povertà in questa zona rurale. Di qui l’intento della Caritas di elevare il livello educativo dei giovani e degli adulti attraverso corsi sulla consapevolezza dei diritti umani, sui diritti dei minori e delle donne, sulle relazioni umane e altri temi riguardanti l’educazione e la formazione dei partecipanti.
33 Opam, n.1-2, (2002), Anno XXX, p.8.
Infine, sempre più governi si stanno mobilitando per facilitare ai minori l’accesso all’istruzione: in Malawi, dove sono state eliminate le tasse scolastiche e abolito l’obbligo delle uniformi; o in Cina, dove alcuni villaggi e comunità hanno stabilito di accordare prestiti e fondi per lo sviluppo ai genitori che permettono alle loro figlie di frequentare la scuola.
34 United Nations, We the peoples, p.114.
Investire nell’alfabetizzazione e scolarizzazione appare, dunque, la strategia a lungo termine più efficace per permettere a tutti gli esseri umani di divenire artefici del proprio destino e non subire più passivamente soprusi, violenza e miseria. In questo contesto, i Paesi industrializzati possono peraltro fornire il loro contributo, aumentando i loro aiuti ai Paesi in via di sviluppo in modo da aiutare questi ultimi a ridurre – se non proprio a cancellare – il loro debito estero. E’ proprio questa, infatti, una delle ragioni principali che impedisce alle Nazioni povere di raccogliere sufficienti fondi per l’educazione, ma anche per la sanità, la programmazione delle nascite e la distribuzione dell’acqua. Ricordando che già la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, proclamata dalle Nazioni Unite nel 1948, definiva l’educazione come un diritto fondamentale di tutti gli uomini, l’essenzialità dell’alfabetizzazione nel Sud del mondo emerge inequivocabilmente dalle suggestive parole del Segretario Generale, Kofi Annan, per il quale “L’educazione è la chiave della nuova economia globale … E’ uno strumento centrale per lo sviluppo, il progresso sociale e la libertà” 35
bell’articolo Micio
Ciao Gala, vorrei che tu spiegassi anche perché trovi interessante l’articolo di Micio. grazie. carla