Biografia di Martin Luther King (colui che credeva nella pace)
Martin Luther King nasce dopo un parto difficile ad Atlanta, Georgia, nel Sud degli Stati Uniti, dove il problema razziale è sentito con angoscia e urgenza particolari. Questo bambino che il 15 gennaio 1929 sembra entrare così malvolentieri nel mondo ha una storia le cui radici affondano nel suolo afro- americano.
Le radici storiche: lo schiavismo
I suoi antenati erano stati catturati con violenza inaudita dai negrieri e portati dall’Africa in catene sul continente americano per esservi venduti nei mercati ai migliori offerenti. Milioni di neri, uomini e donne, venivano strappati alla loro terra e fatti schiavi per lavorare, fino allo stremo delle loro forze, nelle piantagioni di cotone. Sorse e tramontò il sole per 200 lunghi anni, giorno dopo giorno, e gli antenati di Martin Luther King venivano comprati, venduti, violentati e uccisi come fossero bestie. Dopo una cruenta guerra fra gli Stati del Nord, che volevano imporre il loro modello di sviluppo, e gli Stati del Sud, parve arrivare la libertà per i neri sul suolo americano. Ma dopo un periodo piuttosto favorevole, furono ricacciati, anno per anno, nella condizione servile, specialmente nel Sud. I proprietari terrieri avevano escogitato la maniera di fare indebitare sempre di più i lavoratori neri, ai quali era anche negato nella pratica di partecipare alle elezioni.
Il futuro come un incubo
«Lavorare dall’alba al tramonto per un anno intero incatenato alla terra dai conti da pagare al magazzino della piantagione, scacciare questi pensieri con cattivo gin, dimenticare nell’estasi del canto e della preghiera… piangere, maledire se stesso per la propria viltà, essere lo zimbello dei giudici e dei poliziotti, finire col credere alla propria indegnità… e infine cedere, inchinarsi, strisciare, sorridere e odiare se stesso per il proprio servilismo e la propria debolezza». Questo era il tormento del nonno paterno di Martin Luther King, James Albert, e di tutti i neri; questo era l’incubo che assillava i loro bambini I in casa e negli edifici fatiscenti della scuola, dove gli studenti di colore ricevevano un’istruzione che era di molto inferiore a quella dei bianchi. Nelle strade e nelle piazze delle città si vedevano dappertutto cartelli con la scritta «solo per bianchi», e la vita dei neri si consumava per lo più nei ghetti sudici e sovrappopolati privi di strutture e di servizi appena decenti. Qui Martin Luther King nasce, vive e comincia a lottare fin dalla sua fanciullezza.
L’infanzia e gli studi
Fin dall’infanzia Martin Luther King deve subire i traumi I dei bambini che scoprono di essere diversi e discriminati in i una società razzista. Ha cinque anni quando la madre dei suoi compagni bianchi proibisce loro di giocare col piccolo Martin, perché «negro». A otto anni apprende dal padre con: dolore la tragica fine della sua prediletta cantante Bessie Smith, celebre interprete di spirituals, canti di fede e di speranza degli schiavi delle piantagioni del Sud: ferita in uno scontro automobilistico, muore dissanguata perché rifiutata dagli ospedali per bianchi di Atlanta. Ancora impreparato a reagire, queste ed altre esperienze amare gli rimangono scolpite per sempre nell’animo. La discriminazione che Martin Luther King deve subire e che vede colpire la sua gente gli consiglia gli studi di giurisprudenza. Entra nel Morehouse College di Atlanta (università per soli neri), ma, divenuto consapevole di essere chiamato da Dio al servizio pastorale, dopo qualche anno passa agli studi di teologia. Nel1952, a 22 anni, tiene la sua prima predicazione nella chiesa battista di Atlanta.
Il segno dei tempi
È un periodo di rivolgimenti storici profondi e di portata mondiale, come la Il Guerra Mondiale, nella quale gli Stati Uniti entrano il17 dicembre 1941, e la conquista dell’indipendenza delle colonie europee in Africa, Asia e America. Martin Luther King è affascinato dalla figura di Gandhi, dal quale apprende i principi della lotta non-violenta. Nel 1953 si laurea in filosofia a Boston e nel 1954 si trasferisce con la moglie Coretta Scott a Montgomery, Alabama, per svolgervi il ministero di pastore della chiesa battista. Martin Luther King coglie quello che il Nuovo Testamento chiama kairos, cioè il momento opportuno nel quale l’opera di Dio Viene colta nel mondo e sfida l’uomo a una scelta di fede che lo impegna a vivere con coerenza la volontà di Dio nella storia.
Nasce il movimento per i diritti civili
La scintilla che dà inizio al Movimento per i Diritti Civili scocca a Montgomery, apparentemente per un banale incidente. Sugli autobus della città le prime tre file di posti sono riservate ai bianchi, le altre possono essere occupate da neri solo se non ci sono bianchi in piedi. Il pomeriggio del 10 dicembre 1955 un’impiegata nera, Rosa Parks, seduta dietro i posti riservati ai bianchi, rifiuta di alzarsi e cedere il posto quando salgono alcuni viaggiatori bianchi: viene arrestata e portata in carcere.
La notizia si diffonde rapidamente, gli esponenti e i pastori della comunità nera s’incontrano e decidono subito di boicottare i mezzi pubblici di trasporto: propongono ai neri di non prendere più l’autobus e di recarsi al lavoro a piedi o con altro mezzo. L’esito appare incerto, perché altre volte simili iniziative non avevano avuto successo; intanto Martin Luther King è votato all’unanimità capo del movimento. La mattina del 5 dicembre tutti i neri vanno a lavorare a piedi, a dorso di mulo, su carri. Il boicottaggio è totale fino al dicembre dell’anno successivo: 382 giorni dura la lotta tutt’altro che facile, e il movimento ottiene la sua prima vittoria: l’abolizione della segregazione sui mezzi pubblici di trasporto.
Simbolo della «rivoluzione nera»
Le reazioni dei bianchi sono violente: hanno paura. La compagnia degli autobus ha perso 40 milioni di dollari. Martin Luther King diviene il bersaglio di minacce d’ogni genere e viene arrestato. Il 30 giugno, mentre si trova fuori fra la sua gente, un attentato dinamitardo gli distrugge la casa; la moglie e la figlia Yoki sono dentro, ma restano fortunatamente illese. Martin Luther King è ormai il simbolo della «rivoluzione nera».
L’esperienza di fede: un nuovo inizio
Teso fino al limite delle sue risorse fisiche e morali per tutti gl’impegni che deve assolvere, una sera del gennaio 1956 Martin Luther King è sul punto di crollare. L’atmosfera è densa di nubi e i pericoli sono molto reali, ed egli, seduto in cucina, confida a Dio di non farcela più. «Eccomi qui – prega – mi batto per ciò che credo giusto. Ma ho paura. Mi chiedono di guidarli, ma se mi presento loro senza forza e senza coraggio anch’essi vacilleranno. Ho esaurito le mie forze. Non mi rimane nulla». E mentre è lì, solo, sperimenta la «presenza di Dio», avverte «la promessa rassicurante d’una voce interiore che gli dice: “Lotta per la giustizia. Lotta per la pace. Dio sarà sempre al tuo fianco!”». L’esperienza di fede, caratteristica della tradizione evangelica battista, determina, come egli stesso dice, una svolta fondamentale nella sua vita: era giunto allo stremo delle sue forze, ora, però, si sente forte della forza di Dio ed è pronto a riprendere la lotta.
Il movimento si estende
Martin Luther King partecipa a manifestazioni di massa e a raduni, e viene spesso arrestato. E ogni volta si rafforza il suo impegno per la giustizia, si rinvigorisce la sua fede in Dio e nella Sua guida, e il suo coraggio di lottare e la sua certezza di vincere si comunicano ad altri esponenti del movimento e alla sua gente. Il movimento si estende ben presto a tutti gli Stati Uniti. Il pellegrinaggio di preghiera a Washington del 17 maggio 1957 per il pieno diritto di voto ai neri è una delle manifestazioni più importanti. Martin Luther King riesce a convogliare le forze disgregate dei neri nella lotta non violenta, ma ha anche oppositori che propugnano il ricorso alla violenza contro il razzismo bianco.
La nostra capacità di soffrire
Mentre si moltiplicano i sit-in nei locali pubblici per bianchi e i “viaggi della libertà” di bianchi e neri insieme in autobus attraverso gli Stati Uniti, Martin Luther King risponde ai detrattori «Non possiamo in coscienza obbedire alle vostre leggi Inique, perché la non cooperazione col male è un obbligo morale non meno della cooperazione col bene… Mandate a mezzanotte i vostri sicari incappucciati nelle nostre case, pestateci e lasciateci quasi morti, e noi vi ameremo ancora. Ma siate certi che vinceremo con la nostra capacità di soffrire. Un giorno conquisteremo la libertà, non per noi stessi solo… e la nostra vittoria sarà anche vostra”.
We shall overcome
Nel 1963, centenario del proclama di Lincoln per l’affrancamento degli schiavi, la battaglia non violenta dilaga in più di 800 città. A Birmingham la polizia si scaglia con ferocia sui dimostranti che cantano We shall overcome,sguinzaglia i cani e aziona gl’idranti contro un corteo inerme di ragazzi. Sotto la pressione dell’opinione pubblica inorridita il Governo dichiara illegale la segregazione nei negozi e nei luoghi pubblici e decreta l’assunzione al lavoro per bianchi e neri su basi egualitarie.
E’ tanto difficile aspettare
Arrestato, Martin Luther King scriive in cella d’isolamento una lettera rimasta famosa: «E facile dire: “aspettate”. Ma quando avete visto una plebaglia inferocita linciare a volontà le vostre madri e i vostri padri… e i poliziotti pieni d’odio maledetto colpire e perfino uccidere impunemente i vostri fratelli e le vostre sorelle… quando sentite la vostra lingua torcersi se cercate di spiegare alla vostra bambina di sei anni perché non può andare al luna- park, e vedete spuntarle le lacrime quando sente che è chiuso ai bambini neri… quando vi perseguita notte e giorno il fatto di essere nero, non sapendo mai che cosa vi può accadere; allora voi comprendete perché per noi è tanto difficile aspettare».
La marcia della libertà
Il 28 agosto arriva a Washington la marcia dei 250 mila per chiedere l’approvazione della legge sulla parità dei diritti civili per bianchi e neri. Le telecamere di tutto il mondo sono puntate sulla marea di bianchi e di neri che cantano e pregano intorno al monumento a Lincoln, e riprendono anche quello che è stato definito il discorso profetico di Martin Luther King.
Ho ancora un sogno
«Il cammino è pieno di asprezze, ma nonostante le fatiche e le umiliazioni, ho ancora un sogno. Sogno che sulle rosse colline della Georgia i figli degli antichi schiavi e degli schiavisti possano sedere insieme al tavolo della fratellanza. Sogno che lo Stato del Mississipi, rigonfio d’oppressione e di brutalità, sia trasformato in terra di libertà e di giustizia. Sogno che un giorno l’Alabama sia trasformato in uno Stato dove bambine e bambini neri potranno dare la mano a bambine e bambini bianchi, e camminare insieme come fratelli e sorelle… Con questa fede torno nel Sud. Con questa fede staccheremo alla montagna dell’angoscia una scheggia di speranza. Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare insieme, lottare insieme, andare in prigione insieme, sapendo che un giorno saremo liberi. Quando ciò avverrà, tutti i figli di Dio, bianchi e neri, ebrei e pagani, evangelici e cattolici, potranno giungere le mani e cantare l’antico inno degli schiavi: “Finalmente liberi! Finalmente liberi! Gran Dio onnipotente, siamo finalmente liberi!”».
Premio nobel per la pace
La legge per i diritti civili viene approvata il 10 febbraio 1964. Quella marcia pacifista e la figura di Martin Luther King hanno risonanza in tutto il mondo e le sue predicazioni e i suoi scritti vengono tradotti e letti in molti Paesi, ed anche in Italia: Il fronte della coscienza, Marcia verso la libertà, Perché non possiamo attendere, Dove stiamo andando: verso il caos o la comunità?, La forza di amare. Il 14 ottobre lo raggiunge un telegramma da Stoccolma: «Il premio Nobel per la pace è stato assegnato a Martin Luther King per aver fermamente e continuamente sostenuto il principio della non-violenza nella lotta razziale nel suo Paese». Coretta piange di gioia davanti ai giornalisti: «…valeva la pena di soffrire tanto. A Martin servirà per continuare gli sforzi nella lotta per l’uguaglianza dei neri», e i 34 milioni del premio vengono messi a disposizione della causa alla quale Martin Luther King ha dedicato la vita.
Il movimento si allarga
Tra mille difficoltà e molti oppositori Martin Luther King corre da una parte all’altra degli Stati Uniti a premere per le riforme richieste e il movimento si allarga alla lotta contro la povertà e contro il coinvolgimento degli USA nella guerra del Vietnam. Nel marzo 1968 sta preparando «il pellegrinaggio della miseria nazionale»: poveri di tutte le razze muoveranno da tutte le parti degli Stati Uniti e contemporaneamente verso Washington con bambini e stracci sulle loro carrette. Il 27 marzo a Memphis, Tennessee, 6 mila nerj escono da una chiesa evangelica e attraversano in corteo la città per solidarietà con 1.700 spazzini neri in sciopero. Martin Luther King è in testa al corteo quando, all’improvviso, alcuni giovani ne escono per spaccare vetrine e saccheggiare negozi. La polizia interviene e carica i dimostranti: un morto e sessanta feriti.
Una mano assassina
Il 4 aprile 1968 Martin Luther King è con altri leader neri in una stanza dell’Hotel Lorraine a Memphis, è sconvolto, teme per le sorti del movimento della non-violenza. Il giorno prima ha detto: «vivere a lungo ha i suoi aspetti positivi. Ma la cosa non m’interessa. Voglio solo fare la volontà di Dio». Esce sulla terrazza per una boccata d’aria, alle 18.01 si volta per rientrare e si accascia improwisamente al suolo: un colpo è partito, da una finestra60 metripiù in là un dito ha premuto sul grilletto d’un fucile.
Ho tentato di amare e servire l’umanità
AI funerale sono migliaia le persone d’ogni ceto e razza: riconoscono in lui qualcosa di più d’un simbolo o di un lea-der, riconoscono in lui un profeta di Dio che ha interpretato il tormento d’un popolo e lo ha guidato con la non-violenza nella lotta dei propri diritti. Durante il rito, celebrato dal vecchio padre di Martin Luther King, risuonano nel silenzio della chiesa battista di Ebenezer le parole d’una sua predicazione registrate su nastro: «Se qualcuno di voi sarà qui nel giorno della mia morte, sappia che non voglio un grande funerale. E se incaricherete qualcuno di pronunciare un’orazione funebre, raccomandategli che non sia troppo lunga. Ditegli di non parlare del mio premio Nobel, perché non ha importanza… Dica che una voce gridò nel deserto per la giustizia. Dica che ho tentato di spendere la mia vita per vestire gl’ignudi, per nutrire gli affamati, che ho tentato di amare e servire l’umanità».
tratto da Wikipedia
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