Tra il 1970 ed il 1990 erano in previsione più di 50 GW di nuova capacità produttiva (con picchi di oltre 150 GW a cavallo del 1980) ma più di due terzi di questi progetti sono stati poi cancellati[2].
- l’inaspettata caduta del prezzo dei combustibili fossili nel 1983;
- la liberalizzazione (negli anni ottanta negli Stati Uniti d’America e negli anni novanta in Europa) del mercato dell’energia elettrica, che ha giocato un ruolo importante nell’aumento del rischio finanziario connesso alle iniziative legate alla produzione di energia nucleare;
- gli incidenti di Three Mile Island nel 1979, che non ha provocato vittime direttamente collegate, e di Černobyl’ nel 1986, con un numero globale di vittime pari, secondo il rapporto[3] redatto da agenzie dell’ONU (IAEA, OMS, UNSCEAR), a «65 morti accertati con sicurezza e altri 4 000 presunti» – che non sarà possibile associare direttamente al disastro – «per tumori e leucemie su un arco di 80 anni» (bilancio contestato dall’associazione Greenpeace che arriva invece a parlare di circa 200 000 decessi collegati al disastro[4]), una zona chiusa al pubblico di 3 100 km² e una zona a contaminazione permantente di 200 000 km².
- A inizio 2010 risultano aver effettivamente terminato la propria produzione di energia elettrica da fonte nucleare le seguenti nazioni:
- l’Italia tra il 1987 e il 1990
- il Kazakistan nel 1999
- la Lituania nel 2009
Il Parlamento svedese nel 1980, dopo un referendum popolare non vincolante, e quello olandese nel 1994 votarono a favore dell’abbandono dell’energia nucleare, processi che avrebbero dovuto completarsi rispettivamente entro il 2010 e alla fine del 2003, ma prima nei Paesi Bassi nel 2005 (dopo che nel 2003 vi fu un iniziale rinvio al 2013 del decommissioning) e poi in Svezia all’inizio del 2009 si sono compiute identiche marce indietro e tali deliberazioni sono state definitivamente annullate.
L’interruzione nel 1995 dei lavori per la centrale elettronucleare cubana di Juragua è avvenuta invece solo a causa di difficoltà finanziarie e non per scelta politica mentre quella nel 2003 per l’impianto nordcoreano di Kumho è stata messa in atto unicamente in virtù delle pressioni internazionali dovute a questioni di carattere militare legate al pericolo di proliferazione).
La semplice moratoria temporanea alla costruzione di nuove centrali è stata invece decretata e attualmente ancora in vigore esclusivamente in tre Stati sui trentatre in totale che hanno attivato almeno un reattore nucleare di potenza per l’elettro-generazione: in Spagna nel 1983, in Belgio nel 1999 e in Germania nel 2000.
Nel 1990 anche la Svizzera stabilì tramite referendum una sospensione di dieci anni sull’installazione di nuovi reattori ma nel 2000, sempre in seguito a un referendum, tale moratoria non è stata più rinnovata.
Argentina, Brasile, Bulgaria, Canada, Cina, Corea del Nord, Corea del Sud, Egitto, Finlandia, Giappone, India, Indonesia, Iran, Pakistan, Romania, Russia, Slovacchia, Taiwan, Turchia, Ucraina e USA progettano di costruire nuovi reattori o di rimetterne in esercizio altri[5].
Sessantadue reattori nucleari sono in costruzione a novembre 2010 in vari Paesi del mondo: Argentina 1, Brasile 1, Bulgaria 2, Cina 25, Corea del Sud 5, Finlandia 1, Francia 1, Giappone 2, India 4, Iran 1, Pakistan 1, Russia 11, Slovacchia 2, Taiwan 2, Ucraina 2, USA 1[6].
Nel 2008 la produzione mondiale di elettricità da fonte nucleare era pari al 13,5% del totale[7] (il 21,1% nei trenta paesi dell’OCSE[8]).
Nel 2010 l’AIEA ha previsto due scenari (uno “di minima”, in base alla situazione attuale, e uno “di massima”, che prevede una ripresa economica e normative più forti sulle emissioni di gas serra) per il futuro dell’energia nucleare fino al 2050)[9].
In merito alla percentuale della produzione mondiale annua di elettricità da fonte nucleare rispetto a quella totale, secondo le stime della Nuclear Energy Technology Roadmap[10], pubblicata dall’Agenzia internazionale dell’energia e dall’Agenzia per l’energia nucleare, considerando uno scenario che prevede un dimezzamento delle emissioni di anidride carbonica entro il 2050, tale quota potrà salire al 24% se entro lo stesso 2050 la capacità nucleare installata nel mondo raggiungerà i 1 200 GW e la produzione di elettricità i 4 100 TWh.
Nell’Unione europea l’energia nucleare si attesta stabilmente come la prima fonte nell’elettro-generazione, producendo nel 2008 il 27,8% dell’energia elettrica complessiva[11], mentre nell’ambito più ristretto dell’Europa occidentale la scelta del Parlamento finlandese del 2002 di costruire un quinto reattore nucleare è stata vista come il primo concreto segnale di un’inversione di tendenza in quanto da più di dieci anni non veniva presa una decisione simile in detta zona geografica